I dati di partenza
Regione Lombardia produce da sola il 36,1% del totale dei rifiuti speciali generati dal nord Italia e il 36,6% dei rifiuti speciali da costruzione e demolizione, seguita da Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna.
Per quanto riguarda invece l’import, circa 550 mila tonnellate di rifiuti speciali, nella quasi totalità rifiuti non pericolosi e prevalentemente da “terra e rocce”, arrivano in Lombardia dalla Svizzera. La Lombardia riceve circa la metà dei rifiuti speciali complessivi importati dalla Svizzera all’Italia.
Gli impianti di trattamento inerti, che hanno trattato almeno 1.000 t/anno di rifiuti inerti nel 2016 con operazioni di recupero R5 o smaltimento D1, sono 288, di cui 11 cave, che effettuano operazioni di smaltimento D1, e 277 impianti, che effettuano operazioni di recupero R5. Dal punto di vista dei quantitativi totali di rifiuti inerti trattati con operazioni D1+R5, nel 2016, sono stati di 9,8 Mton, di cui con operazioni R5 circa 9 Mton e D1 circa 0,8 Mton. La gran parte degli impianti e quindi delle quantità trattate si trovano in Provincia di Milano, Brescia e Bergamo, a seguire Pavia, Varese e Mantova. La gran parte dei rifiuti inerti ritirati dagli impianti lombardi, circa il 90%, arrivano dalla Regione stessa; dalla Svizzera arrivano circa il 2,5% dei rifiuti inerti complessivamente trattati.
Sul territorio ticinese sono presenti circa 70 impianti di lavorazione e riciclaggio degli inerti. La maggior parte di essi è di piccole dimensioni e dotata di macchinari semplici (frantoio e/o vagli mobili). Alcuni sono invece più grandi e strutturati e in grado di lavorare importanti quantitativi e produrre materiali riciclati di qualità. La quantità annua di inerti lavorati è di circa 1,3 milioni di tonnellate. Le discariche per materiali inerti attualmente in esercizio sono 5, per circa 0,6 milioni di tonnellate annuali smaltite. I quantitativi complessivi esportati annualmente in Italia sono in media di circa 300.000 tonnellate di cui il 90% materiali da scavo e il rimanente asfalto.
Il quadro tracciato mostra una capacità impiantistica per il recupero di inerti attivi di Regione Lombardia abbondantemente superiore alle altre Regioni italiane. L’impiantistica presente consente la gestione della gran parte dei rifiuti speciali da C&D prodotti e importati in Italia. D’altro lato in Cantone Ticino gli impianti risultano insufficienti per trattare tutto il rifiuto generato che difatti in parte viene esportato in Regione Lombardia.
Il mercato degli aggregati riciclati
Secondo le interviste realizzate con gli uffici provinciali competenti sulle attività delle cave e con le piattaforme svizzere di esportazione, lo scambio transfrontaliero degli inerti e strettamente correlato alla dinamica del mercato edile in Svizzera.
Regione Lombardia e Canton Ticino stanno lavorando, sia attraverso la pianificazione che con gli strumenti collaterali, per favorire, in un’ottica di economia circolare, il mercato degli aggregati riciclati provenienti da costruzione e demolizione, la nuova frontiera per un’edilizia e in generale un mercato delle costruzioni davvero sostenibile. Si cita in particolare il recentissimo progetto Martket Inertidi ARPA Lombardia, Ance Lombardia, ANPAR e ANEPLA che mira ad istituire per la un mercato online di aggregati riciclati provenienti da rifiuti C&D. Lato Canton Ticino, la strategia cantonale prevede che l’approvvigionamento di materiali inerti sia prevalentemente costituito da inerti riciclati di origine secondaria e solo secondariamente da materie prime vergini.
Le soluzioni trovate
Sulla base dei dati forniti dall’Agenzia delle dogane della Svizzera, il flusso di materiali tra Italia e Svizzera è stato, nel 2018, pari a 1,8 milioni di tonnellate, di cui 1,2 milioni di inerti vergini (sabbia e ghiaia) esportati dall’Italia alla Svizzera e circa 600 mila di rifiuti inerti (principalmente terre e rocce da scavo, C&D) da Svizzera a Italia.
Un volume imponente di materiali, che generano un traffico stimabile intorno ai 120.000 veicoli/anno e 10 milioni di km percorsi (considerando un carico medio di 16 t/veicolo), che tendono a concentrarsi su pochi corridoi transalpini, generando inquinamento dell’aria, inquinamento acustico e consumo energetico.
In particolare si può stimare una produzione totale nel 2018 di 1,7 Mn.t di CO2, cui si aggiungono le emissioni di NH3 (ammoniaca), NMVOC (composti organici volatili), SO2 (anidride solforosa), NOx (ossidi di azoto e loro miscele), PM2.5 e PM10 (particolato). Vanno inoltre considerati fattori quali la rumorosità, le emissioni per trasporto del carburante ai distributori della zona e l’incidentalità. I costi esterni generati dall’insieme di questi fattori sono stati stimati in 4,8 Mn.€ Si sono studiate pertanto le soluzioni migliori per uno shift intermodale, con integrazione gomma-ferro, per il trasporto transfrontaliero di inerti tra Province di Varese e Como e al Canton Ticino. In particolare è stata condotta la codifica delle linee ferroviarie, la scelta dei carri utilizzabili, la definizione delle unità di carico utilizzabili (Unità di Trasporto Intermodale-UTI), la configurazione ipotetica di treno intermodale, la stima dei costi, l’indicazione del numero di mezzi operativi e la stima delle dimensioni dei terminal.
Sulla base degli studi condotti, la tratta ferroviaria considerata è in tutti i casi la linea Milano-Como-Lugano-Bellinzona. Dal lato svizzero è stato considerato il terminal di Lugano-Vedeggio (distretto di Lugano), caratterizzato da 2 binari da 400 m, mezzo di trasbordo con portata <= 40 t; dal lato italiano è stato invece ipotizzato l’utilizzo della stazione di Saronno (VA) come unico terminal della linea. La distanza tra i terminal è di circa 65 km, di cui 29 km si estendono nel territorio italiano.
L’impatto ambientale
Lo studio ambientale e lo studio LCA hanno approfondito gli impatti sull’ambiente delle soluzioni intermodali studiate dal progetto, in particolare sulle coppie O/D: Cucciago-Balerna, Uboldo-Lugano, Lonate Pozzolo-Bellinzona, Uboldo-Bellinzona.
In breve: il trasporto solo via ferro degli inerti è in generale significativamente meno impattante dal punto di vista ambientale del trasporto solo via gomma. Il vantaggio maggiore si ha sicuramente in termini di emissioni climalteranti e inquinanti, mentre l’aspetto potenzialmente più problematico, e rispetto al quale non è possibile fare affermazioni generali, è quello dell’interferenza con gli ambiti urbanizzati, soprattutto per quanto riguarda il rumore. Infatti le ferrovie, in molti contesti quali quello analizzato in questo studio, attraversano i centri urbani, mentre le strade, soprattutto quelle di lunga percorrenza quali le autostrade, li evitano. Questo implica che la popolazione esposta può essere maggiore per un trasporto su ferro tra due punti di origine e destinazione rispetto a un trasporto su gomma tra gli stessi punti. Tuttavia, un treno dedicato al trasporto di inerti porta il carico di più di 20 camion; questo significa che, nel passare da ferro a gomma, l’incremento nel numero di treni è di 20 volte inferiore al decremento del numero di camion. Ulteriore elemento da considerare, il rumore generato dal passaggio di un treno è molto diverso da quello generato dal passaggio di un camion. Pur se la valutazione di quale sia l’opzione preferibile (ferro o gomma) dal punto di vista del rumore è sicuramente molto soggettiva, si ritiene che, quando il cambio modale comporta un aumento non trascurabile del passaggio di treni lungo tratte specifiche, vadano valutate possibili misure di mitigazione; infatti in ogni caso la popolazione esposta all’impatto acustico dei camion non coincide, o è solo parzialmente coincidente, con quella esposta all’impatto acustico dei treni.
Un cambiamento modale da solo gomma a solo ferro richiede che sia la cava di origine che il punto di destinazione siano in prossimità di un terminal ferroviario, evento non frequente. Lo studio si è focalizzato pertanto sul cambiamento modale da solo gomma a intermodale ferro-gomma. In generale, lo scenario ferro-gomma è tanto più vantaggioso dal punto di vista ambientale, con la delicatezza sopra esposta del rumore, quanto più il suo tragitto diminuisce la distanza percorsa su gomma.
A parità di quantità di inerti trasportati, in prossimità dei punti di origine e destinazione lo scenario intermodale non comporta una diminuzione del numero di camion ma implica dei cambiamenti nei percorsi effettuati su strada. Infatti gli inerti in partenza devono raggiungere il terminal ferroviario dalla cava, e quelli in arrivo devono raggiungere il punto di destinazione dal terminal ferroviario. Queste variazioni locali nella maggior parte dei casi non presentano particolari criticità nè vantaggi, ma alle volte possono comportare variazioni non trascurabili di qualche impatto e devono essere approfonditi di volta in volta.